Sostenibilità
Quello che vogliamo è un’Unione Europea che sostenga con forza una transizione ecologica rapida e giusta, che ne ripartisca correttamente l’onere. Un’Unione Europea che si preoccupi che i costi della conversione vengano distribuiti equamente, tutelando le fasce deboli e chiedendo di più a chi se ne può fare carico.
Il Green New Deal da solo non può rispondere a queste necessità: l’ormai sdoganato debito comune europeo deve essere rivolto alla tutela dei singoli cittadini e delle comunità locali di fronte al cambiamento climatico, al fine di condividere equamente i costi della transizione.
Dobbiamo spingere affinché l’Unione Europea problematizzi la condizione degli animali d’allevamento e introduca nuove norme per una più chiara informazione dei consumatori in merito.
Vogliamo un’Unione Europea vicina ai territori e alle comunità locali, che piuttosto che alle grandi opere di dubbia utilità (ma di sicuro impatto ambientale) dia priorità alle piccole e medie opere strategiche per consentire una logistica più efficiente e sostenibile, a vantaggio dei cittadini, e che orienti in tal senso più attentamente anche gli investimenti degli Stati membri.
Abbiamo vari esempi della strumentalizzazione – se non dell’abuso – delle politiche europee per la realizzazione di opere che feriscono il territorio: dall’impiego di fondi PNRR per realizzare funivie a favore di turista che tagliano in due quartieri popolari, come a Genova, alla TAV, o alle sventurate BreBeMi e Autostrada Pedemontana Lombarda, che intenderebbero potenziare il sesto asse del Ten-T europeo, ma che di fatto guardano solo al trasporto su gomma. Le risorse europee dovrebbero essere orientate a potenziare il sistema ferroviario trans- e interregionale esistente, per rendere il treno un’alternativa accessibile e rapida anche per gli spostamenti quotidiani sulle tratte medie e brevi.